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Conseguenze della mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento

La separazione personale a differenza di quanto attiene alla cessazione degli effetti civili del matrimonio, quale conseguenza della pronuncia di divorzio, non fa venir meno la comunione morale e materiale dei coniugi; pertanto permangono i doveri ex art. 143 c.c. in tema di assistenza economica al coniuge più debole.

Difatti, secondo l’art. 156 c.c. il giudice, in assenza di una pronuncia di addebito della separazione, determina a favore del coniuge che non disponga di mezzi adeguati, un assegno di mantenimento teso a garantire lo stesso tenore di vita condotto in costanza di matrimonio, e che sia proporzionato alle sostanze reddituali dell’obbligato.

Inoltre, anche qualora i coniugi addivenissero ad un accordo consensuale sulla separazione, potrebbero decidere anche sulle modalità di corresponsione dell’emolumento; è nullo in ogni caso, l’accordo stipulato tra i coniugi in vista della crisi matrimoniale, che determini la rinuncia alla corresponsione dell’assegno di mantenimento, in virtù della irrinunciabilità del dovere di assistenza matrimoniale anche in sede di separazione.

In ogni caso, il giudice, ai fini della determinazione del quantum per l’assegno, dovrà contemperare  sia le effettive sostanze reddituali del  coniuge obbligato, prescindendo dalle sole dichiarazioni reddituali presentate in giudizio, ma da una serie di circostanze  e risultanze probatorie, sia tenendo conto del tenore di vita dei coniugi durante il consortium vitae; ciò premesso, l’assegno di mantenimento esula dallo stato di bisogno, tipico della corresponsione degli alimenti.

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Appare, oltretutto inevitabile il richiamo all’art. 5 della l 898/1970 in tema di assegno di divorzio, il cui fondamento giuridico dipende essenzialmente, dalla sussistenza dei doveri di solidarietà post- coniugale.

Per di più, una consolidata giurisprudenza riconosce all’assegno una finalità compensativa – perequativa dell’assegno di divorzio, teso a compensare il contributo apportato dai coniugi in sede di matrimonio alla formazione del patrimonio familiare. (Cass. SS. UU n. 18287 del 2018)

Anche per l’assegno di divorzio il giudice nella sua  determinazione terrà conto di criteri oggettivi, quali l’effettiva capacità lavorativa del coniuge richiedente e l’inadeguatezza dei mezzi di sostentamento.

Fatta questa premessa, è necessario enucleare quella serie di strumenti che l’ordinamento giuridico mette a disposizione atti al recupero degli assegni di mantenimento non versati da parte del coniuge obbligato.

QUALI SONO I RIMEDI PER IL RECUPERO DEGLI ASSEGNI DI MANTENIMENTO NON VERSATI?

Qualora il coniuge disattenda all’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento al coniuge e ai figli, il codice di rito prevede una molteplicità di azioni finalizzate al recupero delle somme non versate e disposte dal provvedimento giudiziario.

Preliminarmente, prima di procedere ad azioni esecutive che appongano vincoli  alle sostanze patrimoniali dell’obbligato, è necessario che l’avvocato consigli, come primo adempimento propedeutico all’azione esecutiva, l’inoltro di una missiva detta “diffida ad adempiere”

Con la diffida ad adempiere, l’avvocato comunica al coniuge obbligato che il suo assistito si è domiciliato presso il suo studio invitandolo ad ottemperare al pagamento delle somme dovute entro un congruo termine ( ex art. 1454 c.c.), decorso il quale, in caso di mancato o pagamento, l’avvocato con il consenso del proprio assistito procederà  ad esperire le azioni giudiziarie all’uopo necessarie.

IN CHE MODO E’ POSSIBILE AZIONARE LA PROCEDURA ESECUTIVA?

Tra i vari strumenti forniti dall’ordinamento giuridico tesi al recupero delle somme dovute vi è l’esecuzione forzata, la quale si concretizza nell’espropriazione forzata dei beni dell’obbligato.

Al riguardo, la procedura esecutiva inizia con il pignoramento, quale atto del pubblico ufficiale teso ad apporre un vincolo ai beni del debitore, per evitare dispersioni patrimoniali e atti elusivi delle pretese creditorie.

L’esecuzione necessita, come atto prodomico la predisposizione e la successiva notifica nei confronti dell’obbligato di un atto di precetto, contenente un’intimazione ad adempiere diretta al debitore nel termine di non oltre dieci giorni decorrenti dalla notifica del medesimo, decorso il quale si può procedere ad esecuzione forzata sui beni del precettato.

E’ necessario, altresì, ricordare che le sentenze del tribunale nonché i provvedimenti del giudice e l’accordo di separazione consensuale omologato costituiscono titoli esecutivi, per tali motivi, non è necessario azionare un ricorso per decreto ingiuntivo.

Conseguentemente,  è sufficiente che l’avvocato predisponga l’atto di precetto e lo notifichi con il titolo munito della formula esecutiva, e dalla notifica del precetto entro 90 gg si  può azionare la procedura esecutiva, decorsi i quali il precetto perde efficacia e dovrà essere rinotificato.

Nelle esecuzioni immobiliari, dopo aver trascritto il pignoramento e apposto il vincolo sui beni del debitore, l’avvocato procederà a depositare l’istanza di vendita del bene, ove si procederà a monetizzare il valore dell’immobile e dal ricavato a soddisfare le pretese creditorie.

Talvolta, è possibile procedere al pignoramento presso terzi, in due casi specifici: qualora il terzo sia in possesso dei beni del debitore, o lo stesso debitore sia titolare nei confronti di un terzo di un diritto di credito. Pertanto, l’atto di pignoramento deve essere  notificato al terzo e al debitore, con intimazione rivolta al terzo di non disporre delle somme se non per ordine del giudice. ( ad esempio : il pignoramento delle somme corrisposte a titolo di stipendio dal datore di lavoro del debitore).

E’ POSSIBILE OTTENERE UN ORDINE DI PAGAMENTO DIRETTO AL TERZO?

Per ovviare alla lungaggine e agli adempimenti della procedura esecutiva, l’art. 156 cc contempla quale rimedio teso ad ottenere il pagamento delle somme corrisposte periodicamente a titolo di mantenimento, il cd “ ordine di pagamento diretto al terzo”.

L’ordine di pagamento diretto al terzo sortisce i medesimi effetti di un pignoramento presso terzi, ma si fonda su presupposti differenti.

Nello specifico, l’art. 156 c.c. stabilisce che il giudice su richiesta dell’avente diritto può ordinare al terzo, tenuto a corrispondere somme periodiche al coniuge obbligato, un ordine di pagamento direttamente al beneficiario dell’assegno.

L’ordine di pagamento è emesso su istanza dell’avente diritto al giudice Tribunale del giudizio di separazione o divorzio; tale ordine è diretto al terzo che abbia con il coniuge obbligato un rapporto di credito e che sia tenuto alla corresponsione periodica di somme di denaro ( ad esempio il datore di lavoro sia pubblico che privato).

Altro presupposto fondamentale, è che vi sia stato inadempimento del debitore o semplicemente vi possano essere situazioni tali da pregiudicare l’adempimento delle proprie obbligazioni.

QUALI SONO GLI ALTRI RIMEDI DIRETTI AD OVVIARE ALLA MANCATA CORRESPONSIONE DELL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO.

Qualora vi fosse oggettivo pericolo che il coniuge obbligato non corrisponda l’assegno di mantenimento il Tribunale può imporre con la sentenza di divorzio di prestare una fideiussione, quale garanzia di natura personale.

Inoltre, l’art. 156 c.c. consente al coniuge beneficiario del mantenimento, provvisto di sentenza e quindi di titolo esecutivo, di procedere ad iscrizione d’ipoteca sui beni immobili dell’obbligato.

La giurisprudenza, al riguardo si è interrogata se tale facoltà possa essere sempre concessa al coniuge avente diritto, come mera attività cautelativa in caso di mancato adempimento dell’altra parte.

La risposta dei giudici di legittimità è stata negativa, secondo gli stessi l’ipoteca si può iscrivere solo qualora vi sia pregiudizio che il coniuge non voglia o non possa corrispondere l’assegno di mantenimento.

L’art. 156, comma 6, del c.c., contempla come altra misura coercitiva e cautelativa, il sequestro dei beni dell’obbligato alla corresponsione degli assegni periodici.

Secondo , suindicato disposto “ l’avente diritto può chiedere al giudice di sequestrare i beni dell’obbligato quando dimostri in sede di giudizio che vi è fondato timore che quest’ultimo non adempia alle sue obbligazioni e che possa perdere le sue garanzie”; il sequestro verrà disposto su beni mobili e immobili pignorabili.

Pertanto, spetterà all’avente diritto dimostrare il periculum in mora, vale a dire l’oggettivo timore che il coniuge possa disperdere le sue sostanze patrimoniali, anche con atti dispositivi, e non adempire alle sue obbligazioni.

Ciò considerato, mentre la l’ipoteca giudiziale può essere iscritta ex post e non presuppone un inadempimento oggettivo ma può avere mera finalità cautelativa, il sequestro serve ad evitare che nel corso del giudizio di separazione il coniuge obbligato depauperi il suo patrimonio e non garantisca la corresponsione degli emolumenti.

QUALI SONO LE CONSEGUENZE PENALI DELLA MANCATA CORRESPONSIONE DEL MANTENIMENTO?

Dalla mancata corresponsione del mantenimento possono scaturire conseguenze anche sotto il profilo penalistico.

Il codice penale contempla nella parte speciale il reato di cui all’art. 570 c.p. rubricato “ violazione degli obblighi di assistenza familiare”, che tra le condotte punisce la spontanea sottrazione ai doveri di assistenza familiare e quindi anche della mancata corresponsione del mantenimento.

Si tratta di un reato perseguibile solo su querela di parte e punibile da 1 a 15 giorni di reclusione e con una multa sino a € 1032,00.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, non è sufficiente che l’autore del reato dimostri di essere disoccupato o licenziato, ma dovrà dimostrare lo stato di “impossibilità economica assoluta”. ( Cass. Penale sentenza n. 3952 del 2018).

Sulla scorta del suindicato assunto si evince come neanche lo stato di disoccupazione possa derogare ai principi di assistenza matrimoniale, quali principi inderogabili dell’ordinamento.

E’ CONTEMPLABILE UNA TUTELA AQUILIANA DELL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO?

La giurisprudenza di merito ( Tribunale di Rimini 1 febbraio 2017) ha riconosciuto “ il diritto al risarcimento del danno alla moglie che percepisce l’assegno di mantenimento dal marito separato, il quale subisce una drastica riduzione dei propri redditi a causa di un incidente stradale”.

Ai fini del risarcimento, si applicano i principi in tema di causalità ex art. 2043 c.c., pertanto l’stante è tenuto a dimostrare come il fatto illecito del terzo abbia avuto un’incidenza causalmente orientata sulla riduzione dell’assegno a titolo di mantenimento.

Per tali ragioni, saranno risarcibili secondo quanto previsto dalla “ causalità giuridica”, tutte le conseguenze dirette che scaturiscono dall’illecito del terzo, come la riduzione dell’assegno a favore del coniuge beneficiario.

 

 

foto: abbrevia.it

Paola M

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