Segnaliamo l’interessante ordinanza n. 19229 emessa in data 11 settembre 2014 dalla Corte di Cassazione che fa il punto in tema di divieti previsti nei regolamenti condominiali.

In particolare, la suprema Corte rammenta che le clausole del regolamento condominiale avente ad oggetto divieti e/o limiti alla facoltà di godimento delle unità immobiliari di proprietà esclusiva devono essere chiare, precise e non soggette ad interpretazioni equivoche.

Ne consegue che gli eventuali «divieti e/o limiti circa la destinazione delle cose di proprietà individuale possono essere formulati sia mediante elencazione delle attività vietate nel regime condominiale sia con riferimento ai pregiudizi che si intendono evitare».

Pertanto, al fine di stabilire se una diversa destinazione da attribuire all’immobile è vietata dal regolamento condominiale, occorre verificare nel regolamento stesso se tale destinazione è stata inclusa o meno in un particolare elenco o se essa é idonea a produrre i pregiudizi che il regolamento ha espressamente previsto di evitare.

Nella fattispecie, il regolamento condominiale vietava di adibire l’unità immobiliare ad uso diverso da quello abitativo e si urtava quindi con la destinazione scelta da un condomino di adibire l’appartamento a studio dentistico.

La Corte ha ritenuto che, essendo il divieto di «ampia latitudine» e senza specifica elencazione delle attività vietate, il regolamento avrebbe dovuto essere chiaro circa i pregiudizi che intendeva evitare. Orbene in assenza di precisa previsione in tale senso, la Corte ha ritenuto che il divieto impugnato non possedeva i requisiti di validità di cui sopra.

Il fine di tale principio giurisprudenziale è certamente di ottenere regolamenti condominiali con clausole chiare, precise e non suscettibile di dare luogo ad incertezze, in particolare in tema di godimento delle proprietà individuali.

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