Gli incidenti alla guida rappresentano ancora oggi, pur dopo l’introduzione del reato di “omicidio stradale”, una delle principali cause di morte in Italia ed in Europa: le statistiche sul punto lasciano pochi margini di dubbio. Tuttavia, se il fenomeno non accenna certo a ridursi, è anche vero che la legge prevede degli strumenti di garanzia nei confronti dei parenti delle vittime, assicurando risarcimenti per i danni subiti dai familiari del defunto.

I numeri del fenomeno

Le statistiche più recenti in tema di incidenti mortali restituiscono un quadro potenzialmente devastante.

risarcimento danni stradali

Secondo uno studio Istat pubblicato nel luglio 2017 e riferito all’anno 2016, infatti, in Italia si sono verificati oltre 170.000 incidenti stradali, che hanno provocato (tra vittime sul colpo e decessi per le gravi lesioni riportate entro i 30 giorni dal sinistro) oltre 3.200 morti. L’istituto di statistica testimonia anche un incremento, per la prima volta dal 2001, degli incidenti rispetto agli anni precedenti.

Al contempo, tuttavia, l’Istat certifica una lieve flessione del numero delle vittime, facendo diminuire l’entità degli incidenti mortali. Ciò è avvenuto principalmente grazie al calo dei sinistri verificatisi sulle autostrade, a testimonianza che, purtroppo, le strade più pericolose continuano a rimanere quelle con percorrenza più lenta: le strade urbane, quelle comunali e quelle provinciali.
Anche l’introduzione del reato di omicidio stradale, avvenuta nel 2016, non sembra aver mitigato la portata del fenomeno: secondo uno studio del 2017 condotto dalla Polizia di Stato, infatti, nei primi quindici mesi di applicazione della nuova normativa si sono registrati 894 incidenti mortali, in 479 dei quali è stato contestato il nuovo delitto.

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Incidenti mortali: le cause più frequenti

Rimanendo in tema di statistiche, le indagini sopra menzionate rilevano che le principali condotte responsabili dei sinistri che provocano vittime e feriti gravi sono da ricondurre essenzialmente alla guida distratta, al mancato rispetto delle precedenze e all’eccesso di velocità: da sole, queste tre fattispecie rappresentano oltre il 50% dei casi in cui si produce un sinistro fatale.

Questi numeri sono stati, a loro volta, desunti dalla frequenza con cui tali contestazioni vengono operate dagli agenti stradali, per cui risulta che le principali infrazioni al Codice della Strada sono, appunto, eccesso di velocità, mancato impiego delle cinture di sicurezza e utilizzo del cellulare alla guida.
Proprio quest’ultimo, peraltro, è stato direttamente additato come responsabile di un gran numero di sinistri, altrimenti evitabili. Lo smartphone, infatti, complice la distrazione che ingenera in chi guida, produce un numero di sinistri (anche non mortali) pari al 21,4% su strade extraurbane, così superando di gran lunga gli incidenti causati dalla velocità elevata (pari a circa il 17%) e al mancato rispetto della distanza di sicurezza (circa il 13%).
In conclusione, secondo l’Automobile Club d’Italia, che ha condotto analoghi studi in materia, 3 incidenti su 4 in Italia (per proporzione, quindi, il discorso vale anche per quelli mortali) sono dovuti alla distrazione dei guidatori: in questi termini, quindi, è pacifico che l’utilizzo del cellulare rappresenta una delle cause principali di incidenti mortali.

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Quale risarcimento ai parenti delle vittime?

Quando si verificano degli incidenti mortali, la legge prevede un meccanismo di risarcimenti ispirato ad una logica di ripristino dello status quo ante in favore dei familiari della vittima. Rimanendo unicamente in un contesto di illecito civile (giacché sono evidenti anche le ripercussioni penali dovute all’omicidio colposo e a quello stradale), la legge prevede una forma di responsabilità extracontrattuale per tutte le ipotesi in cui da una condotta deriva un danno ingiusto.

Orbene, dal momento che nelle ipotesi che stiamo descrivendo la vittima di tale danno subisce il trauma maggiore (cioè, la morte), è evidente che il presupposto in forza del quale il responsabile risarcisce i parenti non è quello relativo alla morte in sè della vittima, ma deve ricercarsi in altro: è quanto ribadito a più riprese dalla Cassazione, che ha costantemente negato la risarcibilità, in favore dei congiunti, del cd. danno tanatologico. Ma allora, a che titolo avviene il risarcimento nei confronti dei parenti delle vittime di incidenti mortali?

La spiegazione è altra: nel momento in cui un familiare viene ad essere menomato del suo rapporto parentale con la vittima di un incidente, subisce un danno di carattere esistenziale e, potenzialmente, uno di carattere economico. Il primo certifica la lesione del rapporto affettivo, completamente stroncato dalla morte del proprio caro (si parla, in proposito, di danno non patrimoniale); il secondo, invece, si riferisce ai danni di carattere economico subiti dai parenti delle vittime che, ad esempio, vedono privare il proprio nucleo familiare di una fonte importante di reddito: è il caso dei figli rimasti orfani del proprio genitore in seguito ad un incidente stradale.

Proprio per remunerare i parenti delle vittime, sia dal punto di vista morale che patrimoniale, la legge ammette il risarcimento nei confronti dei prossimi congiunti, dei conviventi e di tutti gli altri soggetti di volta in volta ritenuti legittimati in tal senso.

A quanto ammontano i risarcimenti per incidenti mortali?

Si tratta di uno degli aspetti più problematici dell’intera disciplina. In proposito occorre ripartire dalla premessa prima posta, secondo cui i danni derivanti dalla morte di un congiunto possono essere di tipo patrimoniale e non patrimoniale. Se per i primi è abbastanza semplice operare una quantificazione, dal momento che occorrerà verificare la differenza tra, ad esempio, il tenore di vita del familiare prima e dopo la morte del congiunto, per i secondi si incorre nel difficile problema di dare un “prezzo” alla sofferenza derivante dalla perdita del proprio caro.

Proprio per riuscire ad orientarsi in questo aspetto, la giurisprudenza utilizza delle tabelle orientative (come quelle del Tribunale di Milano e di Roma), le quali permettono di identificare alcuni parametri che incidono sull’ammontare del risarcimento: tra questi si possono annoverare l’età della vittima, il suo stato di salute, il legame di parentela esistente e tutte le altre circostanze che possono contribuire ad identificare l’entità del danno morale effettivamente subito.

In particolare, le tabelle in questione, pur rappresentando un indice di massima cui i giudici si ispirano di volta in volta per definire equitativamente l’entità del risarcimento, contengono al proprio interno ulteriori indici e variazioni percentuali, che permettono di personalizzare la liquidazione in considerazione delle peculiarità del caso concreto: questi indici, a loro volta, sono quelli che dimostrano la presenza di un maggiore o minore grado di sofferenza legato alla circostanza della morte del familiare, salva comunque la massima discrezionalità del giudice nel determinare il risarcimento in questione.

A titolo di esempio, per ciascun genitore può essere riconosciuta, in presenza della morte del figlio, una somma che va dai circa 160.000 agli oltre 320.000 euro; viceversa, proprio in considerazione del diverso grado di parentela, per la morte di un nipote, al nonno possono essere risarciti dai 23.000 ai circa 142.000 euro.