incidenti stradaliNel caso in cui, a seguito di un incidente stradale, la parte lesa intenda richiedere il risarcimento dei danni morali, essi possono (e devono)  essere risarciti in modo autonomo rispetto al danno biologico e dopo aver accertato il nesso causale tra danno morale e lesione.

A tal riguardo la sentenza della Corte di Cassazione n. 3260 del 19 febbraio 2016 ha giustamente messo in evidenza che il risarcimento del danno morale mai è stato eliminato e vietato.

Ma andiamo con ordine. La Suprema Corte ha preso  in esame un incidente stradale che ha coinvolto una moto e un furgone: inizialmente era stato disposto un risarcimento danni di 600.000 euro a beneficio del motociclista che subì un’invalidità del 60% a seguito di una grave tetraplegia. In appello la responsabilità esclusiva del conducente del furgone è stata ribaltata in una responsabilità suddivisa in 2/3 per il conducente del furgone e nel restante 1/3 per il motociclista, di conseguenza l’ammontare del risarcimento è stato ridotto a 370.000 euro.

Tale sentenza è stata così impugnata dal motociclista in Cassazione sia per vedersi respinto l’addebito della corresponsabilità sia nella parte in cui è stato rigettato l’incremento del danno morale, che in appello era stato confermato in Euro 100.000, pari ad 1/3 del danno biologico, mentre l’appellante  in via incidentale aveva richiesto la liquidazione di ½ del danno biologico, pari ad Euro 160.000.

I motivi per cui la Corte d’Appello aveva rigettato la richiesta di aumento della liquidazione del danno morale trovavano fondamento nelle famose e rivoluzionarie sentenze ormai note con la denominazione di San Martino (26972/2008), secondo le quali il danno morale non deve essere considerato una semplice duplicazione economica bensì deve essere considerato come una conseguenza causale collegata alla durata e alla intensità della lesione patita, con onere probatorio a carico del danneggiato.

Gli Ermellini proprio richiamando la Sentenza 26972/2008 hanno ribadito che il danno morale non è stato eliminato bensì rafforzato. Con tale sentenza si era voluto solo eliminare la prassi in uso che, in base alle tabelle del danno biologico, il danno morale venisse automaticamente liquidato in percentuale. Tale automatismo, secondo gli Ermellini, non aveva ragion d’essere poiché il danno morale andava anch’esso doverosamente provato.

Tale esemplificazione della Sentenza 26972/08, che a onor del vero non è proprio di facile lettura, è stata troppe volte stravolta negando il risarcimento del danno morale, in quanto inteso come un aumento automatico ritenuto vietato.

Secondo gli Ermellini, invece, la Corte d’Appello avrebbe dovuto esaminare le lesioni patite dal motociclista, che divenne tetraplegico in giovane età a causa dell’incidente, con uno stravolgimento totale e radicale della propria vita, peggiorando le proprie abitudini di vita, dalle più piccole azioni alle più importanti, sia in tema di relazioni umane che di semplici azioni quotidiane, come potrebbero essere quelle di scendere dal letto o recarsi in cucina a bere un bicchiere d’acqua. Non bastavano tali allegazioni per riconoscere in via presuntiva il danno morale inteso come sofferenza soggettiva?

La Cassazione con la sentenza n. 3260 del 19 febbraio 2016 ha ribadito infatti che la quantificazione del danno morale in percentuale al danno biologico non comporta che accertata l’entità delle lesioni, per esempio in Euro 100.000, debba seguire automaticamente l’aumento di Euro 50.000 per danni morali, pari dunque a ½ delle lesioni. Perché tale semplice automatismo consisterebbe in una duplicazione del medesimo pregiudizio (quindi in una semplice duplicazione del risarcimento del danno biologico). Tale metodo va invece inteso solo come parametro equitativo, accertando la sofferenza morale in base alle ripercussioni negative sulla persona e quindi sul valore uomo di chi ne chiede ristoro. Ebbene, tali ripercussioni negative possono (e devono) essere accertate anche con metodo presuntivo, laddove in sede processuale è stata fatta specifica allegazione dei fatti e del pregiudizio morale di cui si chiede risarcimento.

Speriamo che con tale sentenza, sia stato finalmente chiarito agli ostinati che il danno morale mai è stato vietato ed eliminato, ma è soggetto solo a precisa prova, che può essere dedotta anche in via presuntiva.

Occorre insistere, insistere, insistere, avanzando nel processo la domanda di risarcimento del danno morale. O qualcuno è ancora convinto che un giovane rimasto tetraplegico non abbia subito uno stravolgimento totale del proprio essere e della propria vita, al punto da non avere diritto a essere risarcito per tale sofferenza morale?

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