Prendiamo spunto dalla sentenza della Cassazione n. 5657 del 20 marzo 2015 per tornare brevemente sulla disciplina applicabile alla modifica del regolamento di condominio.
Il regolamento di condominio, obbligatorio per gli edifici di più di 10 condomini, ha la missione di disciplinare al meglio l’uso delle parti comuni del singolo stabile e rendere al massimo godibile la vita nel palazzo. Ai sensi dell’art. 1138, comma 1, c.c., le norme del incidono pertanto sulla utilizzabilità e sulla destinazione delle parti comuni dell’edificio, sulla ripartizione delle spese, sulla tutela del decoro dell’edificio e sull’amministrazione del Condominio.
Ancora una volta con la sentenza in commento, la Corte conferma che per la modifica dei regolamenti condominiali è necessario distinguere tra le clausole con contenuto tipicamente regolamentare, le quali devono essere approvate alla maggioranza prevista dall’art. 1136 c.c., e le clausole di natura contrattuale, le quali devono essere approvate all’unanimità.
Chiarisce infatti la Corte che “le norme del regolamento condominiale, che incidono sulla utilizzabilità e sulla destinazione delle parti dell’edificio”, in particolare le clausole che limitano i diritti dei condomini sulle parti comuni o esclusive ovvero che attribuiscono maggior diritti ad alcuni partecipanti, escludendone altri, sono lesive dei diritti di ciascun condomino ed hanno sempre natura contrattuale.
Pertanto se tali “clausole del regolamento di condominio sono predisposte dall’originario proprietario dello stabile [ndr: o dal costruttore] dovranno essere successivamente accettate da ciascun condomino nei rispettivi atti di acquisto o con atti separati e se invece adottate dall’assemblea dei condomini dovranno essere necessariamente approvate all’unanimità”, non potendo le clausole contrattuali formare oggetto di decisione assembleare a maggioranza, pena la nullità della delibera.
Per converso, le clausole del regolamento condominiale adottate dall’Assemblea dei condomini, ove si limitino a disciplinare l’amministrazione della cosa comune, vengono considerate come avente solo natura regolamentare e ben potranno così essere modificate dall’Assemblea con la maggioranza qualificata prevista dall’art. 1136 c.c., comma 2.
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