La giurisprudenza ha introdotto delle novità molto interessanti per quanto riguarda l’assegno di mantenimento, delle novità che possono senz’altro essere definite storiche, dal momento che sanciscono un cambiamento piuttosto importante rispetto al passato.
In sostanza è stato stabilito che non ha più alcuna validità il principio secondo cui a seguito di un divorzio la ex moglie ha il diritto di mantenere il medesimo tenore di vita di cui ha goduto durante il matrimonio.
Nella determinazione dell’assegno di mantenimento dunque i redditi dell’ex marito non hanno più alcun valore, e l’ex coniuge è tenuto a riconoscere un assegno di mantenimento solo ed esclusivamente qualora la moglie non abbia un’indipendenza economica.
Già da alcuni mesi, in realtà, la giurisprudenza si era orientata verso un approccio di questo tipo, secondo il quale appunto il concetto di tenore di vita di cui si è goduto diviene del tutto irrilevante, ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento. Tuttavia le indicazioni a tal riguardo sono state inizialmente piuttosto generiche.
Lo scorso 10 maggio la Corte di Cassazione ha parlato appunto di autosufficienza economica come criterio sulla base di cui determinare se un ex coniuge è tenuto a riconoscere un assegno di mantenimento.
L’ex coniuge autosufficiente, secondo quanto dichiarato dalla Corte, è quello che gode di un reddito di lavoro autonomo o dipendente, quello che è titolare di case potenzialmente produttive di reddito o di beni mobili, come ad esempio prodotti finanziari o quote societarie, o ancora può essere quello che riceve degli aiuti economici dai genitori, o quello che ha già ottenuto l’assegnazione della casa coniugale.
Consultando questi criteri, la domanda è sorta spontanea: qual è la soglia di reddito al di sotto della quale un ex coniuge può ritenersi non autosufficiente?
È proprio in quest’ottica che si sono registrate le novità più importanti: il Tribunale di Milano (con l’ordinanza del 22.05.17 est. Buffone) ha infatti definito in modo chiaro e preciso tale soglia, prendendo come riferimento il cosiddetto gratuito patrocinio, quella soglia reddituale al di sotto della quale il cittadino può usufruire della consulenza di un avvocato a spese dello Stato.
Il gratuito patrocinio fissa questa soglia reddituale in 11.528,41 euro annui, ovvero all’incirca 1.000 euro mensili, di conseguenza tale soglia dovrà essere considerata come riferimento anche per quanto riguarda l’autosufficienza nell’ottica della determinazione dell’assegno di mantenimento.
La soglia in questione è valida su tutto il territorio nazionale, dunque, tuttavia la medesima mantiene una piccola discrezionalità.
Un reddito di 11.528,41 euro annui può, in buona parte d’Italia, essere sufficiente per garantire autonomia economica alla persona, in altre zone però può rivelarsi scarso, basti pensare ad esempio a grossi centri quali Roma e Milano, in cui il costo della vita è molto elevato.
In questi casi è possibile chiedere al giudice di valutare anche il reddito medio percepito nella zona in cui il richiedente vive, di conseguenza la soglia del gratuito patrocinio può essere interpretata in modo flessibile per quanto riguarda la determinazione dell’assegno di mantenimento.
E’ vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza…
A presto! L’avvocato sempre con te!