Richiedendo una carta di credito revolving si instaura tra il cliente e la banca un rapporto contrattuale a durata indeterminata.
La banca, a seguito dell’erogazione della carta, mette a disposizione del cliente una somma di denaro che si auto-rigenera a seguito del pagamento delle rate di rimborso del debito precedentemente costituito.
Semplicemente si può paragonare la carta revolving ad un portafoglio (non nostro) pieno di denaro: si svuota utilizzando la carta e si riempie pagando le rate di rimborso.
Il processo di calcolo degli interessi, all’apparenza semplice, si complica con il passare del tempo diventando quasi incomprensibile per il cliente privo di dimestichezza.

Gli approfondimenti svolti da Banca d’Italia sul comparto di credito revolving ha portato la stessa ad emettere un comunicato specifico il 20 aprile 2010 evidenziando numerose anomalie rilevate nei controlli esercitati.
Nello specifico sono state riscontrate:

  • inosservanze della normativa civilistica e in materia di usura;
  • inosservanze della normativa in materia di trasparenza e correttezza;
  • inosservanze delle disposizioni in materia di promozione e consultazione di contratto di finanziamento.

Banca d’Italia nel documento espressamente: “richiama la necessità che gli intermediari assicurino […] che le procedure operative e i sistemi di controllo garantiscano il pieno rispetto della normativa civilistica e di quella in materia di usura. In particolare, va assicurata la corretta applicazione degli interessi di mora per inadempimento, evitando il computo degli stessi sull’intero debito residuo, anziché sulla rata scaduta e impagata.”

Il circolo vizioso può essere quindi spezzato con le giuste analisi di merito!