Una tra le questioni annose che riguardano sia la professione di amministratore di condominio sia i signori condomini è la condizione di stallo che si crea ogni volta che l’amministratore viene revocato o si dimette. Il Legislatore, infatti, si è trovato a dover tutelare diverse esigenze, opposte tra loro: quella del Condominio, il quale ha necessariamente bisogno di un rappresentante che disciplini la vita in condominio, specie in edifici altamente abitati e, dall’altra parte, l’esigenza di limitare i poteri dell’amministratore revocato o dimissionario. Il Legislatore ha risposto a tali esigenze disciplinando la prorogatio imperii.
Ricordiamo anzitutto che con tale istituto si vuole riconoscere all’amministratore uscente il potere di rappresentare il Condominio e compiere attività sino a quando non sarà nominato un nuovo amministratore.
La ragione della prorogatio risiede nel ruolo specifico dell’amministratore che, come abbiamo detto, in qualità di legale rappresentante del Condominio, costituisce la figura con cui giuridicamente relazionarsi. Per questo l’articolo 1129 comma 10 statuisce che l’assemblea convocata per la revoca o le dimissioni debba deliberare contestualmente in ordine alla nomina del nuovo amministratore.
Il motivo è appunto quello di ridurre il periodo di prorogatio dell’amministratore dimissionario o revocato affinché, per il minor tempo possibile, quest’ultimo continui a rappresentare il Condominio. Tuttavia non è raro che l’amministratore resti in prorogatio a lungo, per incapacità dell’assemblea di nominarne uno nuovo. Tutto ciò va a discapito del professionista che si vede gravato di oneri e doveri riguardo un incarico dal quale si è dimesso o ne è stato sfiduciato.
Pertanto il Legislatore, con l’art. 1129 comma 8 cod. civ., ha statuito che il professionista in prorogatio, pur non essendo obbligato ad occuparsi di tutte le problematiche dello stabile, debba invece provvedere alle attività urgenti, per non pregiudicare gli interessi comuni del Condominio, senza però diritto a ricevere ulteriori compensi. Una soluzione alle opposte esigenze, sopra esaminate, che sembra essere ben bilanciata, a parte per la mancata previsione di remunerazione dell’amministratore uscente per gli obblighi relativi alle attività urgenti, visto che esse possono essere anche molto onerose in termini di impegno, oltre che comportare responsabilità in capo all’amministratore.
Infine va sottolineato come la vaghezza della locuzione “attività urgenti” indicata nel richiamato articolo codicistico, lasci peraltro spazi d’incertezza in merito ai poteri dell’amministratore uscente, il quale, pur non avendo diritto a compensi, si ritroverà comunque a decidere quali sono i compiti che, posta l’urgenza, non possono essere procrastinati.
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