Una delle novità più importanti che si sono succedute nel tempo è sicuramente l’obbligatorietà della mediazione. Con l’introduzione dell’art. 5 del  D. Lgs. 28/2010 di fronte ad una vertenza condominiale è infatti obbligatorio esperire un tentativo di mediazione presso un Organismo accreditato presso il Ministero della Giustizia. Di riflesso all’introduzione della mediazione, la riforma del diritto condominiale n.  220 del 2012 ha introdotto l’art. 71 quater disp. att., il quale precisa le controversie in materia di condominio per le quali è obbligatoria la mediazione.

Con l’introduzione di tale istituto, l’intenzione del Legislatore era quella di implementare i metodi deflattivi, in modo da diminuire le impugnazioni giudiziali e la litigiosità tra condomini, scoraggiando questi ultimi nell’intraprendere processi. E’ purtroppo vero, al di là delle buone intenzioni (l’inferno continua ad esserne sempre lastricato…) che, in questo modo, si sono aggiunti ostacoli all’accesso alla giustizia, convincendo i detrattori della norma che con la mediazione si aumentano i costi ed i tempi delle cause e si prolunga la situazione conflittuale. Peraltro a causa della lunga e travagliata vicenda della mediazione, la cui obbligatorietà era stata dichiarata incostituzionale,  essa è entrata a pieno regime da poco tempo, ossia dall’approvazione della Legge 9 agosto 2013 n. 98 (Decreto del Fare) che di fatto l’ha reintrodotta, seppur in via sperimentale sino al 2017. È ancora presto, quindi, per poter appurare se la soluzione comporti più benefici o inconvenienti per le persone destinatarie delle norme.

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Fatto questo breve preambolo, entrando nel merito della mediazione, vediamo la definizione che ne da all’art. 1 del D. Lgs. n. 28/2010: essa è l’attività svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti, nella ricerca di un accordo per la composizione di una controversia. Al termine del procedimento di mediazione, dunque, se le parti convergono verso una soluzione condivisa, si giunge alla conciliazione, definendo e pacificando la controversia. In poche parole l’istituto mira all’eventuale conseguimento di una soluzione al conflitto, condivisa e, soprattutto, supervisionata da un soggetto imparziale, il cui accordo sottoscritto dalle parti e dagli avvocati, ai sensi dell’art. 12, ha pure valore esecutivo.

Il Legislatore dunque non richiede la necessaria conciliazione bensì richiede obbligatoriamente l’esperimento del tentativo di mediazione, rendendolo propedeutico all’introduzione del procedimento civile. Infatti, ai sensi dell’art. 5 D.lgs 28/2010 la mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Nello stesso articolo, però, al comma III viene specificato che la mediazione non ostacola i provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale, che quindi possono sempre essere richiesti.

Precisiamo infine che, in tema di diritto condominiale,  il ricorso per decreto ingiuntivo, al fine di ottenere il pagamento delle rate del condomino moroso, può essere esperito senza necessità della mediazione. Parimenti anche il ricorso per la revoca o nomina dell’amministratore è esente da tale obbligo.

Per ultimo, giova evidenziare che la mediazione non allunga i termini di trenta giorni per la proposizione dell’impugnazione giudiziale, ma li sospende solo dall’avvenuta comunicazione alle parti dell’attivazione del procedimento. E’ opportuno, pertanto provvedere ugualmente alla notifica della citazione giudiziale, onde evitare di incorrere nella decadenza, in quanto la convocazione alle parti da parte dell’Organismo di conciliazione potrebbe pervenire ai contendenti ben oltre il termine di decadenza prescritto dall’art. 1137 II comma c.c..

Quanto alla procedura di mediazione, rammentiamo che avanti all’Organismo di conciliazione è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà dell’edificio (art. 1136 II comma c.c.). Ma non solo. Anche la proposta di mediazione deve essere approvata dall’assemblea con la medesima maggioranza e se non si raggiunge tale maggioranza qualificata, l’art. 71 quater disp. att. dispone che “la proposta si deve intendere non accettata”.
Alla luce di quanto sinteticamente illustrato, risulta evidente e chiaro che l’amministratore non ha alcun potere decisionale nelle controversie, neppure in sede di mediazione obbligatoria. E’ l’Assemblea dei condomini, sempre e solo lei, l’organo sovrano che può decidere il destino di una lite!

 A presto! L’avvocato sempre con te!