Segnaliamo una interessante sentenza per i Condomini.
La Corte di Cassazione con sentenza n. 26426 del 16 dicembre 2014 ha ritenuto legittima la trasformazione in un box di un posto auto sito nell’autorimessa condominiale a cura di un condomino, senza che quest’ultimo avesse ottenuto alcuna autorizzazione condominiale.
Nella fattispecie, il Condominio ha lamentato che il convenuto aveva chiuso il proprio posto auto, con installazione di saracinesca ancorata alle colonne dell’autorimessa ed inglobamento di alcuni beni di proprietà comune, quale chiuse di ispezione, punto luce ed interruttore. Chiedeva quindi il Condominio la demolizione delle opere ed il ripristino dello stato dei luoghi, domanda accolta in primo grado dal Tribunale di Roma.
Il convenuto proponeva appello che veniva parzialmente accolto ritenendo la Corte che non esistesse alcun divieto negoziale, né del regolamento condominiale e/o di legge alla chiusura a box del posto auto e nessun danno nei confronti del condominio e/o condomini. La Corte dichiarava quindi illegittimo il solo varco aperto nel muro dal convenuto per accedere al locale cantina retrostante atteso che ne derivava un collegamento diretto tra due ambienti condominiali a diversa destinazione (box e cantina), senza rispetto delle prescrizioni del Decreto Ministeriale del 1° febbraio 1996.
Il Condominio ricorreva in cassazione e la Suprema corte con sentenza n. 26426 del 16 dicembre 2014 respingeva il ricorso del condominio rifacendosi all’art. 841 c.c. secondo il quale “il proprietario può chiudere in qualunque tempo il fondo”, fermo restando che nella fattispecie “non ne era fatto divieto nell’atto di acquisto o nel regolamento condominiale e non ne derivava alcun danno alle parti comuni dell’edificio o limitazione al godimento delle parti comuni dell’autorimessa”.
Peraltro la Suprema Corte cassava la sentenza della Corte di appello in merito all’illegittimità dell’apertura del varco nel muro rinviando sul punto al giudice di merito di stabilire se sussistono o meno elementi per ritenere tale opera in contrasto o meno con il disposto di cui all’art. 1122 c.c. posto che “la non rispondenza dell’immobile alla normativa di cui al D.M. 1/2/86 può avere rilievo solo sotto il profilo di legittimità amministrativa, ma non significa anche che senz’altro rechi danno alle parti comuni dell’edificio ai sensi dell’art. 1122 c.c”. Continua la corte rifacendosi ad una sua precedente sentenza (n. 24387 del 01/12/2010) precisando che “la realizzazione di opere in violazione di norme recepite dagli strumenti urbanistici locali, diverse da quelle in materia di distanze, non comportano immediato e contestuale danno per i vicini, il cui diritto al risarcimento presuppone l’accertamento di un nesso tra la violazione contestata e l’effettivo pregiudizio subito. La prova di tale pregiudizio deve essere fornita dagli interessati in modo preciso, con riferimento alla sussistenza del danno ed all’entità dello stesso”.
Ne deriva che pur in presenza di una violazione normativa sotto il profilo amministrativo da parte del condomino, il Condominio dovrà dimostrare il pregiudizio da esso subito per poter ottenere il ripristino dello stato dei luoghi.
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Federico Vittorio Bordogna nato il 21 Aprile 1970. Avvocato del Foro di Milano, marito e genitore di quattro figli. Laureato all’ Università degli Studi di Milano, appassionato di lettere e filosofia, ha maturato una ventennale esperienza in sede giudiziale prevalentemente nel diritto civile e commerciale conseguendo importanti risultati per aziende e privati.